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Lavoro autonomo/subordinato: il Tribunale di Forlì annulla uno strano verbale dell’ITL

L’Ispettorato del Lavoro di Forlì aveva riqualificato un rapporto di lavoro autonomo stipulato da un’infermiera con un laboratorio di analisi, però solo parzialmente: aveva cioè ritenuto che  la sua prestazione lavorativa fosse svolta la mattina presto in regime di lavoro autonomo e in una specifica fascia successiva (da metà mattinata), invece, in regime di lavoro subordinato. Una cosa mai vista, in contrasto con i più elementari principi del diritto del lavoro.

 

Gli ispettori avevano infatti attribuito specifica rilevanza al fatto che l’infermiera si dedicasse in prima mattinata ai prelievi e ad altre attività prettamente infermieristiche mentre più tardi si dedicasse ad attività ritenute di natura amministrativa.

 

Come spesso accade, l’istruttoria svolta in sede amministrativa alla verifica giudiziale, si è rilevata fragile e superficiale avendo omesso di accertare o avendo trascurato alcune circostanze essenziali che sono poi sono emerse nel corso dell’istruttoria svolta in sede giudiziaria. In particolare: che l’attività amministrativa era strettamente connessa a quella infermieristica, che l’infermiera non svolgeva la sua prestazione in regime di monocommittenza curando anche altri clienti e, soprattutto, che l’infermiera stessa avesse deliberatamente scelto il lavoro autonomo in quanto più confacente ad alcune sue precise esigenze personali.

 

La sentenza ha fatto giustizia delle tesi ispettive e, senza affrontare il tema della configurabilità, in capo ai medesimi soggetti, di un doppio rapporto di lavoro di diversa natura (in realtà, come già detto, non ammissibile) ha attribuito rilevanza decisiva alla volontà delle parti e al fatto che la prestazione lavorativa dell’infermiera si svolgesse con sostanziale autonomia, sottolineando che, nelle prestazioni lavorative di natura professionale, occorre procedere con particolare cautela nella ricostruzione del rapporto e della sua natura giuridica.

 

In buona sostanza, il verbale ispettivo è stato totalmente disatteso e l’INPS (nei confronti del quale il laboratorio aveva proposto azione di accertamento negativo per prevenire la notifica dell’avviso di addebito) ha subito anche una esemplare condanna alle spese processuali (€ 5.400 più accessori in una causa del valore di poco più di 16 mila euro).

 

A quest’ultimo proposito, occorre rimarcare l’opportunità, in casi del genere, di una rigorosa applicazione del principio della soccombenza (e quindi di condannare in misura congrua alle spese processuali chi perde la causa) in modo da tenere indenni le aziende da azioni ispettive palesemente illegittime.

 

Avv. Adriana Stolfa

 

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